Il presidente di Confindustria: «Piano di incentivi agli investimenti che vada oltre il Pnrr e quindi oltre il 2026: le imprese hanno bisogno di orizzonti di medio periodo»
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«Veniamo da una frenata della crescita industriale iniziata a fine 2022 e ne stiamo subendo ancora i contraccolpi. Tuttavia, le previsioni Istat che vedono una crescita dell’1% corrispondono alle elaborazioni del nostro centro studi e ci dicono che è un obiettivo alla portata». Così al Corriere della Sera il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, secondo il quale lo stato di salute dell’industria italiana è «da otto. Siamo diventati il quinto Paese al mondo per export manifatturiero dopo Cina, Usa, Germania e Giappone. L’obiettivo è superare il Giappone. Ed è un obiettivo realistico».
Nella manovra, Confindustria spera di trovare «un piano di incentivi agli investimenti che vada oltre il Pnrr e quindi oltre il 2026: le imprese hanno bisogno di orizzonti di medio periodo. La conferma del taglio al cuneo fiscale per il 2025. Il ripristino dell’Ace». Spera invece di non trovare «singoli bonus a tempo e piccoli contributi a pioggia, non servono». Le risorse vanno «dirottate verso i settori che generano più crescita. In questo senso, una riorganizzazione delle tax expenditures sarebbe sensata».
«Non troviamo le persone da assumere – lamenta poi Orsini – l’offerta formativa non tiene conto delle esigenze del sistema produttivo. Confindustria ha avviato un monitoraggio dei profili professionali necessari alle nostre imprese per poterne dare una rappresentazione precisa e per orientare la didattica». «Confindustria e sindacati devono tornare a confrontarsi. Ripartiamo dal Patto della fabbrica del 2018. E ripartiamo dalla sicurezza sul lavoro. Conto di incontrare presto i tre sindacati».
Alla domanda se Stellantis produrrà un milione di veicoli in Italia, Orsini risponde: «Ha preso questo impegno con il governo e non ho motivo per dubitarne. Nello stesso tempo vediamo con favore l’interesse di nuovi player purché non siano meri assemblatori e siano impegnati ad avere la maggior parte della componentistica di produzione italiana».
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