La Cassazione, con l’ordinanza n. 15919 del 6 giugno 2024, ha chiarito che i prelievi ingiustificati dal conto corrente della società di somme di denaro da parte dei soci non riconducibili né a utili [quando, ad esempio, siano di ammontare complessivo eccedente questi ultimi, ed è proprio questa la voce più delicata anche perché nei fatti è la più ricorrente], né a prestazioni formalmente eseguite a favore della società [pensiamo ai compensi previsti a favore degli amministratori o, più frequentemente, ai compensi statutariamente attribuiti ai soci quale corrispettivo delle loro prestazioni lavorative nella o per la società e/o la farmacia sociale], e neppure a rimborsi di finanziamenti dei soci stessi, costituiscono per i percipienti redditi fiscalmente rilevanti, qualificati come compensi di lavoro autonomo occasionale.
Si tratta di una decisione che, sotto aspetti diversi, non sembra certo condivisibile e però, è chiaro, costituisce nondimeno [se non altro] un pericoloso “precedente” giurisprudenziale, per di più proveniente dalla Suprema Corte, particolarmente per tutte quelle non rare situazioni in cui emergano prelievi da parte dei soci – esposti in bilancio tra le attività, trattandosi evidentemente di crediti della società, sotto la voce “prelievo titolare/soci” – eccedenti l’utile di competenza dell’anno stesso in cui i prelievi sono stati operati e che, come sappiamo, diventa effettivamente utile di competenza solo con l’approvazione del bilancio o del rendiconto di quell’anno e dunque, nella forma come nella sostanza, soltanto nel corso del primo semestre dell’esercizio successivo.
Ove pertanto la vs. farmacia ricada in questa situazione – ed essendo necessario, come forse si sarà intuito, giustificare anche formalmente questi prelievi – a noi sembra imprescindibile, per evitare ovviamente guai in astratto maggiori, che ogni socio “coinvolto” [sotto i profili che abbiamo ricordato in questa circostanza] sottoscriva un atto di riconoscimento di debito nei confronti della società.
(stefano lucidi)
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