Non un grande periodo per Ginevra Elkann, indagata per truffa allo Stato assieme ai fratelli John e Lapo, nell’indagine sull’eredità Agnelli. E ai problemi giudiziari si aggiungono critiche e guai per il suo lavoro nel cinema: i suoi due film da regista, infatti, sono stati un flop, nonostante i finanziamenti dello Stato.
Nata a Londra nel 1979, terzogenita di Alain Elkann e Margherita Agnelli (ora contessa de Pahlen), Ginevra non è a differenza dei fratelli interessata a industria, economia o finanza (pur beneficiando ampiamente della cassaforte di famiglia, avendo il 20% della società Dicembre). Lei da mamma Margherita ha ereditato il lato artistico: dopo la laurea a Parigi, ha conseguito un Master in regia cinematografica alla London Film School e può anche vantare di essere stata assistente alla regia per Bernardo Bertolucci e Anthony Minghella.
Direttrice della Pinacoteca Agnelli al Lingotto di Torino, Ginevra ha fondato anche due sue case di produzione (Asmara Films e Good Films), che però non versano in buone acque, tanto che nei mesi scorsi, al fine di ridurre le perdite, sono state accorpate in una sola. Da regista, invece, può vantare due film: il primo “Magari” le ha fruttato una candidatura al David di Donatello, ma in sala ha incassato a malapena 12mila euro (è uscito nel pieno della pandemia).
Il secondo, “Te l’avevo detto”, sempre apprezzato dalla critica, stando al sito MyMovies nelle prime 5 settimane di programmazione ha incassato 119 mila euro. In pratica, meno di un decimo di quanto ricevuto dalla produzione in termini di finanziamenti dello Stato, ossia soldi pubblici.
Questi i conti: per il primo film la società Wildside, produttrice della pellicola, ha ricevuto 692.711,12 euro come tax credit e 400mila euro come contributi selettivi di produzione, per un totale di 1.092.711,12 euro. Per il secondo, ecco sempre come contributi sotto forma di tax credit 1.735.333,20. Totale dei due flop, quasi 3 milioni di euro.
Un po’ un vizio di famiglia, considerando quanto gli insuccessi della Fiat di nonno Gianni Agnelli venissero scaricate sulle casse pubbliche sotto forma di cassa integrazione e incentivi assortiti per l’acquisto di auto.
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