L’intermediazione immobiliare gratuita è possibile, ma solo se ci sono le prove del fatto che il mediatore abbia rinunciato alla provvigione da parte del proprietario dell’immobile che gli ha conferito l’incarico da presentare all’Agenzia delle Entrate che contesta l’omessa fatturazione della prestazione. A sottolinearlo la Corte di giustizia tributaria di II grado della Liguria, con la sentenza n. 540 del 25 luglio 2023. Le prove, come precisato, possono essere rappresentate da un contratto che preveda la gratuità della prestazione.
L’articolo 1755 del Codice Civile recita: “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità”.
Nel caso esaminato dalla Corte di giustizia tributaria di II grado della Liguria, non può assumere rilievo “l’affermazione della parte appellante di aver applicato, in relazione alle mancate fatturazioni riscontrate, una sorta di clausola di esonero alla percezione di provvigione nei confronti di alcuni proprietari di immobili, in deroga al diritto generale previsto per la mediazione dall’articolo 1755 cc”.
La Corte ha precisato che “teoricamente il mediatore potrebbe rinunciare al diritto di percepire la provvigione da parte del proprietario dell’immobile, che gli ha conferito l’incarico, limitandosi a percepirla dal locatario, ma, a fronte della mancata fatturazione della prestazione e alla relativa contestazione da parte del Fisco, il contribuente è tenuto a fornire una prova certa (per esempio un contratto che preveda la gratuità della prestazione) e non può essere sufficiente a giustificare l’omessa fatturazione una dichiarazione postuma di un terzo”.
Mediazione immobiliare, quando si paga
Fisco Oggi, che ha esaminato la vicenda, ha riportato alcune osservazioni, ricordando che “il momento in cui si perfeziona il diritto del mediatore a percepire il compenso rappresenta una questione molto dibattuta nell’ambito della dottrina e della giurisprudenza civilistica”.
Il tema del pagamento della provvigione non è oggetto solo dell’articolo 1755 del Codice Civile. C’è anche la legge 39/1989, concernente le modifiche alla disciplina della professione di mediatore, che specifica come l’obiettivo del mediatore sia quello di mettere in contatto le parti, agevolandole nella conclusione dell’affare, e che all’articolo 6 recita: “Hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli. La misura delle provvigioni e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, sono determinate dalle giunte camerali, sentito il parere della commissione provinciale e tenendo conto degli usi locali”.
In base a quanto precisato poi dalla Cassazione con la sentenza n. 32066/2021, “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato”.
Nel caso in cui tra le parti non sia stato concluso l’affare in senso economico-giuridico, “ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare”, non c’è diritto alla provvigione.
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