Le banche stanno riorientando i propri finanziamenti verso attività economiche classificate come ecocompatibili dalla tassonomia europea? A dare una risposta, seppure molto parziale, a questa domanda è un indicatore ad hoc, chiamato Green Asset Ratio (GAR).
Il Green deal europeo, il grande piano volto ad azzerare le emissioni nette dell’Unione europea entro il 2050, diventa realizzabile soltanto se le banche e gli altri attori del sistema finanziario riorientano finanziamenti e investimenti verso le attività che hanno un impatto positivo sull’ambiente. O, perlomeno, che non lo danneggiano. Questo è il senso da cui prende origine la tassonomia della finanza sostenibile: uno strumento che, seppure con qualche criticità, distingue tra le attività ambientalmente compatibili e quelle che non lo sono. Ad oggi, qualsiasi attore del mondo della finanza resta libero di comporre il proprio portafoglio di finanziamenti o investimenti come preferisce; le regolamentazioni però impongono di rendicontare in modo trasparente la quota di attività economiche ecosostenibili. A questo serve il Green Asset Ratio, anche noto con l’acronimo GAR.
Cos’è il GAR e come si calcola
Il Green Asset Ratio è un indicatore che le banche sono tenute a calcolare a partire dal 1° gennaio 2024: si tratta del rapporto tra il valore degli attivi nel portafoglio allineati alla tassonomia (al numeratore) e il valore totale delle attività (al denominatore). Il tutto moltiplicato per 100.
Non bisogna inoltre fare confusione tra attività “ammissibili” e “allineate”. La prima categoria comprende tutte le attività attinenti a settori economici coperti dalla tassonomia per il loro potenziale di contribuire ad almeno un obiettivo ambientale senza arrecare danni significativi agli altri. La seconda, più ristretta, si riferisce alle attività economiche che, oltre a essere ammissibili, rispettano anche le condizioni di ecosostenibilità e i criteri di vaglio tecnico fissati nei regolamenti delegati. L’aggettivo “allineate”, dunque, è più rigoroso rispetto ad “ammissibili”.
Il principio è chiaro: più è alto il valore del GAR, più la banca si sta impegnando per finanziare attività che contribuiscono alla transizione sostenibile. Al tempo stesso si tutela, perché riduce la propria esposizione ai rischi climatici e ambientali; tale concetto si chiama “doppia materialità”.
Quali sono i KPI da considerare
Gli istituti di credito devono calcolare e comunicare il GAR in due modi distinti. Nel primo, il numeratore deve essere ponderato per alcuni indicatori chiave di performance (KPI) che le imprese controparti sono tenute a comunicare ai sensi del regolamento delegato n. 2021/2178 (Disclosures Delegated Act). Viceversa, il GAR basato sul fatturato (CapEx) ha come numeratore la somma tra il valore delle esposizioni con uso noto dei proventi che finanziano attività allineate alla tassonomia e il valore delle esposizioni con uso dei proventi sconosciuto, ponderato per i KPI di fatturato (CapEx) della controparte.
Quali sono i settori economici inclusi
L’impostazione del GAR si impernia sulla tassonomia. Questo da un lato è necessario perché – ad oggi – è l’unica classificazione delle attività ecosostenibili valida a livello normativo; dall’altro lato, però, è anche una limitazione, poiché la tassonomia stessa prende in considerazione soltanto alcuni settori economici:
- edifici;
- stabilimenti produttivi;
- energia;
- ICT e attività professionali;
- selvicoltura;
- servizi;
- trasporti;
- approvvigionamento idrico e fognature;
- gestione del rischio di disastri.
Quali sono i limiti e le problematiche nel calcolo del GAR
Il Green Asset Ratio, dunque, sulla carta è uno strumento che aiuta a identificare in modo univoco e standardizzato le banche che realmente hanno abbracciato la transizione ecologica, a vantaggio della loro stessa solidità e dei loro investitori e clienti. Nei fatti, come sottolinea un rapporto del Laboratorio REF ricerche, presenta alcuni punti deboli che vanno considerati:
- si basa sulle attività sostenibili definite dalla tassonomia europea che, però, non copre ancora tutti i settori economici ed esclude quasi del tutto il settore pubblico;
- non considera per intero le attività presenti nel bilancio degli istituti finanziari, ma soltanto alcune categorie contabili elencate nell’allegato V del regolamento delegato Ue 2021/2178. Dal calcolo sono esclusi i titoli sovrani, le esposizioni volatili, quelle a breve termine, gran parte di quelle del settore pubblico e, infine, le esposizioni verso imprese che non sono ancora tenute per legge a pubblicare la dichiarazione non finanziaria (DNF);
- in virtù del suo metodo di calcolo, si presta ad alcune distorsioni: una banca per esempio può avere un GAR più elevato soltanto perché nel bilancio ha maggiori esposizioni verso imprese più grandi e quindi soggette alla direttiva sul reporting non finanziario (NFRD);
- lascia alle banche la facoltà di determinare il perimetro di rendicontazione del GAR stesso;
- spesso viene calcolato a partire da dati che le banche chiedono ai loro clienti e che, essendo frutto di stime, contengono inevitabilmente un certo margine di imprecisione.
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) risolverà parzialmente queste problematiche, perché amplierà il perimetro delle imprese soggette all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità e rinnoverà gli standard. Gli istituti di credito, di conseguenza, avranno a disposizione dati più solidi relativi a un campione di aziende più nutrito. In un’ottica di trasparenza, comunque, già oggi le banche sono tenute a chiarire qual è la copertura sul totale degli attivi e quale percentuale di attivi è esclusa dal calcolo numeratore e del denominatore del GAR.
Come si posizionano le banche italiane: Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Mediolanum e Banca Ifis
Per calare più nel concreto questi princìpi, lo studio redatto dal Laboratorio REF ricerche riferisce anche i valori dei GAR e i principali KPI di quattro banche italiane, scelte sia per le loro dimensioni, sia perché hanno aderito alla Net Zero Banking Alliance, la principale coalizione internazionale di banche che promettono di allineare le loro attività all’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2050.
Intesa Sanpaolo, il maggiore gruppo bancario in Italia con 13,6 milioni di clienti e oltre 3.300 filiali, vanta il 5,7% di attivi allineati alla Tassonomia. Si tratta prevalentemente dei mutui immobiliari residenziali, che risultano “sostenibili” perché coerenti con l’obiettivo della mitigazione dei cambiamenti climatici. La banca torinese è anche quella con la maggiore percentuale di attivi esclusi dal numeratore del GAR (60,56%), perché non ha voluto considerare il credito al consumo per l’acquisto di automobili, i prestiti e gli anticipi che finanziano l’edilizia residenziale pubblica né altri finanziamenti specializzati alle autorità pubbliche.
Per Unicredit, la percentuale di attivi ecosostenibili è appena del 3,4%. Un valore piuttosto basso che il gruppo milanese giustifica con la mancanza di dati specifici che avrebbero permesso di includere nel perimetro di rendicontazione i prestiti alle famiglie per le ristrutturazioni edilizie e l’acquisto di veicoli.
Il modello di business di Banca Ifis è molto diverso da quello delle competitor appena citate, perché si impernia sull’offerta di prestiti e altri servizi finanziari alle piccole e medie imprese (PMI). Soggetti che ad oggi non sono tenuti a pubblicare il report non finanziario (e, se non sono quotate in Borsa, non lo saranno nemmeno a seguito dell’entrata in vigore della CSRD, la Corporate sustainability reporting directive). Tutte le esposizioni nei loro confronti sono escluse dal calcolo del GAR che quindi risulta, inevitabilmente, molto basso (1,1% di attività allineate).
Viceversa, il target di Banca Mediolanum sono le famiglie. Il numeratore del GAR dunque esclude appena il 22,7% degli attivi, una percentuale che sarebbe ancora più bassa se ci fossero dati di qualità sufficientemente elevata per poter includere anche i prestiti per le ristrutturazioni di edifici e l’acquisto di veicoli. Prendendo in considerazione un volume più consistente di esposizioni, è fisiologico che la percentuale di attivi allineati alla tassonomia si alzi: ammonta infatti all’8,3%.
In tutti e quattro i casi il valore del GAR è piuttosto basso, sia quando viene calcolato rispetto al fatturato, sia rispetto ai CapEx. Questo può essere dovuto da un lato alla scarsa propensione delle banche a orientare i propri finanziamenti verso la sostenibilità, dall’altro lato ai limiti dell’indicatore stesso.
Prospettive e significatività del GAR
Il GAR, in sostanza, è un’unità di misura che aiuta quantomeno a capire se le banche si stiano muovendo nella giusta direzione, anche mettendole a confronto l’una con l’altra in modo oggettivo. Orientare i finanziamenti verso la transizione ecologica è una necessità per il Pianeta e la società, ma è anche nell’interesse delle banche stesse, sia per una questione di reputazione e credibilità sia perché le mette al riparo dai rischi climatici (fisici e di transizione). Vero è che questo strumento potrà rivelarsi del tutto efficace soltanto quando avrà colmato le grosse lacune che porta con sé. Ad oggi fornisce soltanto una prima indicazione ma è lecito chiedersi quanto sia affidabile, in virtù dei grossi limiti metodologici già ricordati. L’entrata in vigore delle nuove normative europee sulla rendicontazione di sostenibilità contribuirà senza dubbio a rendere i dati più completi e affidabili; nell’attesa che gli ingranaggi si olino, però, gli istituti di credito chiedono benchmark riconosciuti per valutare la credibilità dei piani di transizione dei loro clienti e linee guida pratiche per calcolare il GAR.
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